lunedì 20 marzo 2017

11 Poesie di Abbis Kurosawa



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Tre linee bastano
per dare alloggio
a un cardellino abbagliato.


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Pantere nell’aurora…
pantere nell'aurora...

Spesso la follia mi recapita lettere 
indirizzate ad altri.





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L’inverno alla sua prima:

le novizie danzano,

mentre i dervisci battono le mani.


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Sotto il gonnello
il tulipano nasconde
un’abbazia di risate.




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Niente al mondo disgustò la mia carestia,

quella che provò lunga esca d’amore…

Apre le vele della sua alta partenza il desiderio,

dove sparì l’ultima traccia del mio dono di balia che fui
per cove stolte in cuore a mani prive di dimora.
Sono ormai così felice e invasa, io sono una terra
che vuol essere liberata. Io sono un confine, un margine,

l’orlo di una veste sciatta. Io sono un poeta -

alba che non muore malgrado la cruna dei fuochi segreti,
quando prendono per misura la mia vita e dicono
infinita – mortale – settenaria –
e spalanco la fame dei miei pascoli, fra i sentieri.



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Mi tormenta,

stanotte,

l’assenza delle cicale.



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Stasera sei una foiglia
che suona i tamburo



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Indovino
dietro quale tenda della grande 
casa si nasconde la luna
stasera.



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Un vecchio
     svizzero con 
           gli occhi castani
mastica nell'ombra 
             la piuma fragrante
                     di una rosa.                                    
         
                                                         
                                  
                              
            

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Dolci giunchi

che balzate al suono di una piva,

lungo l’inverno feroce.

E poi l’estate…



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Di là dal

campo, una

barca di seta

illuminata

dal rumore di una

serranda aperta.







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martedì 14 marzo 2017

Ulissa






Ulissa - da "Vuoto di Vuoto"
Anne Kussell 1966 –


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Ristagnano le ninfee del giardino,
le rose nel crine dei cavalli, un piovoso venerdì di
Febbraio; il pennino
puntato al levante, carnevale in una botte
d'aringhe.

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Verranno a chiederti i nomi del vento -
le ninfe del sicomoro,
torniate in una povera terra rossastra
segneranno in un grosso registro la tua presenza sul corpo degli abbandoni. 

Avrai con te una giustifica
per quella volta che il torrente ha tracimato,
fra gli

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strascichi delle spose fino agli altari
della primavera -
tua sorella finì in una brandina del San Rocco,
la promessa di aiutarti a superare il semestre
fra i gerani del cortile. In
un vento senza germogli, i calzoni tirati alle ginocchia.
Ti
sembrava verosimile una
lunga, stillante solitudine. Se ripensi ad allora,
l'odore dell'orzata nello
stipo della casa in Via della
Vigna.

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Sale dal deserto una lagna, un calpestio di sabbie
dolenti. Il pensiero è nulla, se lo pensi.
Se lo pensi, il pensiero è l’opera del mugnaio,
è olio del frantoio più
lontano della valle, dove da ragazza la tua ombra
inseguiva case silenziose, trafitte dal
grecale o da una raffica di passeri che ti offrivano
il vino migliore dell'autunno.
Ma l'olio invecchia e il vino non dura nella danza.
I bambini ci tradiscono, mentre gli
raccontiamo la fiaba

più antica, l'uomo
che si rincorre a contarsi i passi,
dell'albero dalle arance d'oro. Un segreto, anche uno,
non può abitare un rigo.

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Sul
sentiero della montagna
stanno fiorendo i meli selvatici. Non volevi nessuna
medaglia al valore, l'estinzione totale che distrugge i
minerali della notte. Ma la
casa ha il profumo dell'origano -
appena colto, scrivi una lettera a una vecchia
amica.

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