domenica 26 febbraio 2017




Il Salice e La Cintura - da "La Casa Delle Stanze Vuote"
Anne Kussell - Milano, 1997 -

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Come una mendicante
io ho teso le mani del giorno
alle tue finestre spaziate: io chiedevo
il sale di mille soluzioni ai miei fantasmi, i tuoi
stessi che ho visto.
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Come la cenere di Marzo che gioca
con il desiderio, io.
Io ti chiesi ti mutare la mia pelle in una presenza di uve
alle strenue estati del vino.
E fui pregna del tuo affanno,
diedi alla luce ogni tuo figlio d'ombra, che non mi lasciavi
allattare.
Mi liberi - nuda - ad illuminare il tempio delle bambole -
povero lume senza paura di dio.
Anche quelle desideravo, mi desti la combinazione
di segreti fermenti - poi compresi che ero solo una delle
tue muse balorde, di felici
campane...
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Come svelto passava i deserti
il mio malconcio
fantoccio a due gobbe, ma chi ne teneva le redini e i fili,
volle comprarmi un'aria estiva;
ebbe di me la pietà che non chiedevo
Non tu. Non tu. Ma un'altro che venne ad incidere
nell'argilla del sangue.
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Io solo chiedevo che restassi
sopra al lino del mio corpo
finchè non fosse che uno il grido della carne.
Semplice al tatto e ai limiti di maggio io fui e non muto. Tu, o il
negromante che legava ogni sera i miei occhi
a una fontana buia. Tu o l'altro.
Forse eravate il cardine dello stesso dirupo.
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